Numero 17.
HYDRA CONNECTION
Parte terza
di Carlo Monni
& Mickey
da
un’idea di Andrea Garagiola
CONTINUA DA AGENTS OF S.H.I.E.L.D. #007
L’ULTIMO SCONTRO
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. Dopo tanto tempo ero di nuovo faccia a faccia con il Barone Strucker, il Supremo Hydra. La nostra rivalità risaliva alla Seconda Guerra Mondiale e cominciavo a credere che sarebbe durata fino alla nostra morte, evento che peraltro era già accaduto ad entrambi almeno un paio di volte.
Credevo che stavolta avrei potuto dare un colpo
mortale all’Hydra, vendicare il recente assalto al Quartiere Generale dello
S.H.I.E.L.D. e liberare mio figlio Mike e gli altri che Strucker e la sua
maledetta organizzazione avevano rapito per sostituirli con dei cloni; invece
era risultato che eravamo finiti in una fottuta trappola.[1] Se,
però, Strucker pensava che mi fossi scoraggiato, avrebbe avuto una grossa
delusione.
-Allora,
Fury, pare proprio che tu abbia fallito.- disse Strucker irridendomi -Credevi
di potermi sconfiggere ed invece ti sei consegnato nelle mie mani. Non
riuscirai a salvare nessuno, nemmeno te stesso.-
Non persi tempo a rispondergli e gli sparai addosso.
Non fui troppo sorpreso quando le pallottole lo attraversarono.
-È
una proiezione olografica!- esclamò Capitan America.
-Quel
bastardo non ha avuto le palle per affrontarci faccia a faccia.- aggiunse
Gorilla Man -Ma se mi arriva a tiro gliele faccio ingoiare.-
-Mi
piace come ragioni, scimmione.- replicai con un sorrisetto.
-Un
linguaggio veramente disdicevole.- ribatté Strucker, o meglio il suo ologramma
-Come potete vedere siete circondati ed in evidente inferiorità numerica. Non
avete nemmeno speranze di ricevere aiuto dall’esterno. Vi consiglierei di
deporre le armi ed arrendervi.-
-Per
quanto mi, riguarda… - intervenne un giovanotto afroamericano dalla testa
rasata ed una benda nera sull’occhio sinistro proprio come me -… in questi casi
noi del 75° Reggimento Ranger abbiamo una sola risposta, la stessa che alle
Termopili Leonida dette ai Persiani: volete le nostre armi? Venite a
prenderle!-
Che si facesse chiamare Marcus
Johnson o Nick Fury Jr non aveva importanza, io potevo essere orgoglioso di mio
figlio.
-La mia risposta è la stessa che
hanno dato i difensori di Alamo!- gridò Capitan America e lanciò lo scudo
contro l’ologramma in segno di sfida.
Aveva fegato la biondina. Steve[2]
poteva essere orgoglioso di lei.
L’ologramma di Strucker tremolò e
poi scomparve. Lo scudo di Cap travolse
due sgherri dell’Hydra e poi tornò nella sua mano.
La fissai con il mio unico occhio
buono e poi guardai gli altri. Tutti fecero un cenno di assenso, compresa Val
che sembrava aver superato lo shock di aver scoperto di essere un LMD.[3]
Presto avrei dovuto darle delle spiegazioni, sempre che fossimo riusciti a
sopravvivere perché una cosa era certa: svantaggiati o meno, non ci saremmo
arresi mai.
Nemmeno i nostri operativi forzati
sembravano voler mollare la presa, attaccati com'erano alla loro pellaccia.
Man-Killer sapeva il fatto suo, forte della sua esperienza nelle fila nemiche.
-Prendete
la traditrice!- gridò infatti qualcuno dei più informati tra i terroristi. Per
un nanosecondo la mia mente tornò a Laura e al suo destino ancora ignoto.
Al nostro gorilla umano bastava caricare per scatenare
il panico e falciare nemici come una palla da bowling. Era surreale vederlo
all'opera, persino agli occhi (all'occhio) di chi come me aveva decenni di
folli avventure alle spalle.
-Signori,
niente di personale! Del resto siete anche abbastanza anonimi nelle vostre
divise - continuò a scherzare come suo solito, mentre prendeva un agente per
una caviglia e lo lanciava come un giavellotto contro un nugolo di colleghi.-
E poi c'era Neena Thurman, la nostra
carta vincente, il nostro asso nella manica. Fintanto che fosse stata dalla
nostra parte, il suo potere mutante sarebbe stata la nostra garanzia di
sopravvivere alla soverchiante inferiorità numerica. Mi assicurai che le fosse
ben chiaro:
-Domino,
continua a farci da copertura, non voglio perdere altri agenti!
Quella recalcitrante avventuriera
non si degnò di rispondermi.
-Obiettivo
primario: sopravvivere! Obiettivo secondario: scovare e neutralizzare le tre
teste dell'Hydra! - gridai a tutti i miei sottoposti, incurante delle orecchie
indiscrete.
-Ricevuto,
Comandante - disse Capitan America e presto la vidi scomparire nel marasma
generale.
Non so se fosse un caso ma Lance
Hunter e la Contessa si stavano ritrovando a combattere fianco a fianco. Se la
cavavano bene e poi, purtroppo, non potevo essere né preoccupato né geloso di
un sofisticato androide. Marcus era sul loro stesso fronte e facevo del mio
meglio per sopire il mio istinto paterno appena nato. Il suo addestramento
militare era evidente nel modo in cui teneva testa a dozzine di assalitori.
Coulson e May erano schiena contro
schiena. Nonostante tutto quello che avevano passato, nonostante i cambi di
casacca, avevano ancora un affiatamento invidiabile. Non mi spiegavo come mai
non fossero una coppia nella vita privata, ma chi sono io per giudicare? È
difficile avere una vita sentimentale nel nostro campo, non li biasimavo.
Ultima, ma non per importanza, c'era
Daisy "Skye" Johnson. Giorno dopo giorno entrava sempre più nelle mie
grazie. Una ragazza in gamba che avrei stimato anche se fosse stato una normale
agente come me. Il fato aveva voluto che fosse anche una metaumana, con un
potere non indifferente. Se Domino era l'asso nella manica, Quake era un intero
poker nella nostra mano di carte. Era una di quelle occasioni in cui poteva
dare libero sfogo al suo potere, perché c'era tutto il bisogno di sbaragliare
il maggior numero di avversari nel minor tempo possibile.
-Strada
libera! - annunciò dopo aver ripulito una via d'accesso come se fosse uno
spargisale durante una tormenta di neve.
E poi c'erano tutti gli altri, gli
agenti di livello inferiore, quelli di cui solo io, nei momenti di
tranquillità, riuscivo a ricordare i nomi e le storie, e che speravo
riuscissero a tornare tutti a casa dalle loro famiglie. Non mi sarei perdonato
nessuna delle vittime cadute in questa trappola di Strucker.
I numeri non erano dalla nostra
parte, eppure uno sguardo generale mi aveva rassicurato: mi fidavo di chi avevo
deciso di portare in questa missione. Potevo concentrarmi a uscire vivo e,
soprattutto, a trovare quel figlio di buona donna di Wolfgang.
Speravo proprio che nessuno
arrivasse a lui prima di me.
Washington D.C., Complesso Watergate. Daniel
Whitehall era entrato nel suo appartamento, aveva trovato un intruso e aveva
sparato per legittima difesa. Questo è quello che contava di raccontare alle
forze dell'ordine e, se necessario, alla stampa. Che l'intruso rispondesse al
nome di Robert Gonzales e che fosse un pluridecorato, veterano agente dello
S.H.I.E.L.D. lo avrebbe derubricato come uno sfortunato incidente, a meno che
non decidesse di usare l'episodio per scatenare un incidente diplomatico e
offrire una destabilizzazione utile alla causa della sua organizzazione.
Per
sfruttare l'effetto sorpresa, aveva sparato al buio ma l'Agente Gonzales, pur
zoppo, non era uno sprovveduto, ed era riuscito a scansarsi a sufficienza per
essere colpito in un punto non vitale come la spalla, piuttosto che il petto.
-Sono il Supervisore Robert
Gonzales dello S.H.I.E.L.D., posso spiegare.- cercò di prendere tempo, mentre
sfoderava la propria pistola d'ordinanza.
-Agite in nome della Legge ma
pensate di essere al di sopra di essa. Quanta ipocrisia.-.
-Invece l'Hydra non finge di
essere diversa da una fogna, vero?-
-Da che cosa l'hai capito?-
domandò Whitehall, non per guadagnare tempo, ma per sapere quale falla
tamponare nella sua copertura.
Gonzales
non ci cascò, s'accontentò dell'implicita conferma delle sue accuse, e sparò
con il braccio non ferito, riuscendo a colpire il suo avversario alla coscia.
Se fortunato, avrebbe potuto aver preso l'arteria femorale.
D'istinto,
Whitehall rispose all'offesa, in una salva reciproca di colpi.
Purtroppo
per le forze del bene, l'agente dell'Hydra aveva avuto una mira migliore. Con
una pallottola in un polmone, l'agente dello SHIELD racimolò tutte le sue forze
per scandire parole intellegibili, nonostante il sangue nelle sue vie aeree.
-Edith, messaggio broadcast:
Whitehall è dell'Hydra.
Furono
le ultime parole emesse da Robert, l'ultimo respiro esalato, prima di
accasciare la testa a lato, con gli occhi ancora spalancati.
Daniel
Whitehall capì subito: l'avversario aveva dettato un messaggio all'intelligenza
artificiale del suo speciale Starkphone modello S.H.I.E.L.D.
In
cuor suo sapeva che era probabile che fosse spacciato, ma doveva tentare il
tutto per tutto.
Con
orrore, vide in sovraimpressione l'anteprima del messaggio in composizione
"Whitehall is Hydra": lo
schermo era bloccato e si poteva sbloccare solo con scansione retinica,
impronta digitale e riconoscimento vocale in contemporanea. L'unica soluzione
era tentare di distruggere il dispositivo, impresa altrettanto ardua.
Anche
quando lo ebbe distrutto con un martello, non aveva fatto di certo in tempo a
bloccare l'invio.
Avrebbe
potuto cercare altre soluzioni. Avrebbe dovuto occultare il cadavere.
Sapeva
che ora come ora tutto sarebbe stato vano. Non ne aveva neanche le forze con
l'emorragia alla gamba, e sentiva avvicinarsi le sirene della polizia allertate
dai vicini, spaventati dai colpi d'arma da fuoco.
Al
diavolo la missione, ora doveva solo pensare a fuggire e salvare la pellaccia.
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. In tutto quel casino ero stato fortunato: dozzine di
proiettili mi avevano sfiorato e nessuno mi aveva ancora beccato.
Sparando come un forsennato mi feci largo tra gli sgherri
dell’Hydra. Non crediate che volessi fuggire, però: la priorità del vostro
Jonathan “Junior” Juniper era ritrovare Laura Brown e liberarla.
Prima del lancio avevo notato una costruzione che
assomigliava ad un anfiteatro e mi ero persuaso che Laura fosse proprio là.
Strucker era proprio il tipo che avrebbe scelto un posto del genere. Se mi
fossi sbagliato o fossi arrivato in ritardo… preferivo non pensarci.
Se pensate che il mio zelo fosse dovuto al fatto che avevo
una cotta per Laura, beh, avete ragione, ma a me piace pensare che mi sarei
comportato allo stesso modo con qualunque altro prigioniero.
Raggiunsi l’anfiteatro e di nuovo mi aprii la strada a suon
di proiettili.
-Laura!-
urlai.
-Jon?
Sono qui.-
La voce veniva da dietro una massiccia porta, dunque era
ancora viva. Lanciai l’urlo di battaglia degli Howling Commandos e feci saltare
la serratura della porta per poi spalancarla con un calcio.
Mi ritrovai in una specie di arena dove Laura era alle prese
con un pugno di agenti dell’Hydra. Non potevo saperlo ma erano i superstiti
della squadra mandatale contro da Strucker in una sorta di perverso gioco di
sopravvivenza.[4]
Non stetti a pensarci troppo e corsi al suo fianco sparando
verso i suoi avversari senza quasi mirare.
-Jon!-
esclamò Laura. Lei era l’unica a non chiamarmi Junior e l’espressione sul suo
viso era più che sufficiente a ripagarmi di tutti i rischi..
Il mio arrivo non solo le dette un po’
di respiro ma ribaltò la situazione precaria in cui si trovava. In breve anche
l’ultimo agente dell’Hydra era a terra stecchito.
Laura mi abbracciò d’impulso e mi disse:
-E
così sei arrivato in mio soccorso come un cavaliere dalla scintillante
armatura.-
-Mi
sembrava che te la stessi cavando magnificamente anche senza di me.- replicai,
poi le chiesi -Cosa diavolo stava succedendo qui?-
Lei me lo spiegò ed io esclamai:
-Quello
Strucker è un vero pervertito, ma pagherà anche questa.-
-Adesso
tocca a te spiegare come siete arrivati qui.-
-Quel
tizio, Ward, ci ha dato l’imbeccata per arrivare qui, ma era una trappola e
adesso siamo intrappolati. Tu conosci Nick: non ci pensa minimamente ad
arrendersi… ed io nemmeno.-
-E
adesso torni a dargli una mano?-
-Lui
e gli altri se la caveranno anche senza di me. Strucker non ha ucciso quelli
che ha clonato, non tutti almeno: li tiene prigionieri ed io intendo trovarli e
liberarli. Glielo devo.-
-Capisco.
Ovviamente io vengo con te.-
Il tono della voce di Laura era quello
di chi non ammetteva repliche ed io mi guardai bene dal farne.
Si chinò a prendere la mitraglietta di
uno degli agenti dell’Hydra defunti e disse:
-Adesso
mi sento meglio. Diamoci una mossa adesso. Credo di avere un’idea di dove
cercare.-
La seguii senza discutere.
Bus
N. 1 sopra l’Isola di Hydra. Era
in corso una vera e propria battaglia aeronavale nei cieli sopra questa
porzione dimenticata di oceano. La flotta dello S.H.I.E.L.D. era caduta in una
vera e propria trappola. L’aereo principale era stato abbordato da uno a
dell’Hydra, che iniziò a sparare fuoco da cannoncini laterali.
Gli oblò del lato destro si
frantumarono, pur essendo di vetro infrangibile, sotto i colpi di proiettili
speciali. Maria Hill, Vice Direttore del F.B.S.A., si stava armando di un
bazooka per contrattaccare, quando un boato fece saltare verso l'interno il
portellone principale del Bus, che la travolse in modo tangenziale, abbastanza
da sballottarla con violenza contro la carlinga.
-Argh!
- le sfuggì un urlo di dolore
-Vice
Direttore Hill! - le si avvicinò Leopold Fitz.
-Non
pensate a me, difendete la base! - lo liquidò la donna, arrancando verso
l'infermeria.
Distrarsi in queste occasioni può
essere fatale. Un nugolo di nemici era
penetrato nel Bus dal varco appena aperto e stava aprendo il fuoco contro gli
agenti presenti. Grant Ward si tuffò contro Leo, scaraventando se stesso e l'ex
collega al riparo di un sedile. Diversamente, Fitz sarebbe stato colpito.
-Chissà
dove sareste a quest'ora senza di me - fece lo spaccone Ward.
Facendo di necessità virtù, Leo Fitz si estraniò dalla
situazione e rispolverò tutto il suo addestramento militare in accademia.
Mentre utilizzava Ward come scudo e come spalla, imbracciò un mitragliatore
d’ordinanza appesa alle pareti e prese a falciare gli agenti dell'Hydra che
tentavano di entrare, coadiuvato dai colleghi agenti che stavano già coprendo
l'assalto dalle finestre rotte, colpendo anche le lamiere dell'aereo avversario
e, finalmente, il suo serbatoio.
Un'esplosione e una nuvola di fumo resero chiaro che i nemici
stavano precipitando. L'immagine inconsueta era che il velivolo esplose del
tutto a mezz'aria, apparentemente nel vuoto: si era schiantato sul campo di
forza che circondava la base dell'Hydra.
Il pilota del Bus stava facendo del
suo meglio per allontanarsi dallo sciame di velivoli avversari, che si stava
ricompattando per decidere una nuova strategia alla luce della perdita del loro
principale mezzo, mentre era in corso la battaglia contro gli altri Bus.
-Davvero
non ci hai condotti tu dentro una trappola?- domandò Fitz, tornato in sé dopo
essere entrato in una sorta di modalità berserker. Avrebbe avuto per settimane
incubi sulle vite che aveva falciato come mosche.
-Mi
piacerebbe essere così machiavellico - fece spallucce Grant Ward - purtroppo
sono stato usato anch'io dall'Hydra. Avrei dovuto capire che ci fosse qualcosa
dietro la facilità con cui ho ottenuto quell'informazione... Piuttosto, cerca
di renderti utile: non puoi cercare un modo di disabilitare il campo di forza
che circonda l'isola? E, magari, anche disabilitare i motori dei mezzi
dell'Hydra?
Colpito nell'orgoglio, Leo Fitz lo
fissò negli occhi per due lunghi secondi.
-Penso
di poterlo fare.-
-Allora
all'opera, non perdiamo altro tempo o saremo tutti spacciati.-
New
York City, appartamento di Amelia Lady Croft. La rappresentante britannica nel Comitato
di Controllo sulle Risorse Speciali di Mantenimento della Pace dell'ONU, o
meglio il clone che l’aveva sostituita, non si aspettava di vedere Daniel
Whitehall, nel suo peggiore stato, sulla soglia della sua porta tramite la
telecamera di sicurezza.
Con
circospezione, andò ad aprire e lo strattonò all'interno dell'abitazione - ben
umile, rispetto alla tenuta di famiglia a cui era abituata in madrepatria.
-Che
diavolo è successo?- gli chiese brusca.
-Sono
stato... scoperto. Gonzales dello S.H.I.E.L.D... dovrebbe essere morto ma....
ungh... ha avvertito l'Agenzia - disse a fatica. La sua camicia era impregnata
di sangue.
-Siediti
sulla cassapanca - indicò nell'ingresso, in modo da non farlo muovere troppo -
vado a prendere un kit-.
Tornò nel giro di un minuto con una cassetta da pronto
soccorso ben attrezzata.
-Quindi
sei sicuro di quello che dici? - gli domandò, mentre lo rattoppava alla bell'e
meglio.
-Abbastanza
da... metterti in guardia.... - continuò a parlare con grande sforzo, anche per
il dolore dei disinfettanti sulle proprie ferite - è questione di tempo prima
che anche la tua copertura salti.-
-Non
lasceranno impunito questo tuo passo falso.-
-Difatti
intendo darmi alla berlina, ma non per questo vengo meno alla... causa. Devi
attivare il Protocollo Apocalisse. Subito.-
L'ambasciatrice lo guardò con
estrema serietà. Sapeva quando riceveva un ordine a cui non poteva sottrarsi.
Era stata addestrata per questo.
-Farò
la mia parte.-
Terminata la medicazione, Amelia consegnò a Daniel una
valigia e vestiti puliti.
-Dovresti
avere la taglia di mio marito, a lui di certo non serviranno. Più qualche altra
cosa di utile.-
Whitehall non la ringraziò: non era
nelle sue corde farlo, tanto più che dal suo punto di vista stava avendo a che
fare con un essere inferiore. Si limitò a un cenno del capo, prima di sparire
dietro la porta.
Per un attimo Lady Croft pensò a
cosa avrebbe dovuto spiegare alla donna delle pulizie per il disastro che c'era
nell'ingresso, poi fece mente locale e si rese conto che niente aveva più senso
ormai, con il Protocollo da eseguire.
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, studio del Supremo
Hydra. Per quanto potesse
sembrare strano, eravamo riusciti a rompere l’accerchiamento e la battaglia si
era frantumata in tanti piccoli scontri. Avevo perso il contatto con gli altri
e potevo solo sperare che se la stessero cavando bene.
Avevo raggiunto la costruzione principale. Avrei
scommesso qualunque cosa che Strucker si nascondeva proprio lì. Mi gettai
all’interno e mi trovai davanti due uomini di guardia. Sparammo praticamente in
contemporanea. Loro caddero stecchiti ed io sentii un bruciore alla spalla
sinistra. Mi avevano beccato. Per fortuna era solo una ferita superficiale. Mi
sfilai la casacca e ne strappai un pezzo per farne una benda di fortuna.
Prosegui il cammino ed urlai:
-Strucker,
dove sei, figlio di…?-
-Da
questa parte, vecchio nemico.-
Seguii la sua voce e mi trovai in un
salone il cui arredamento sembrava uscito dal suo vecchio castello in Prussia -
e forse veniva proprio da lì - ma lui dov’era? La risposta me la dette una
frustata che mi fece cadere di mano la pistola.
Strucker si fece avanti con il frustino nella mano sinistra
ed una pistola nella destra.
-Finalmente
l’uno di fronte all’altro dopo tanto tempo di scontri a distanza.- disse.
Lo fissai con odio.
-Ti
vedo un po’ malmesso.- aggiunse -Non sia mai che mi approfitti di un nemico in
difficoltà.-
Posò pistola e frustino su un
tavolo, si sfilò la casacca rimanendo anche lui a petto nudo, poi si avvicinò
ad una panoplia attaccata ad una parete a cui erano appese due sciabole. Ne
impugnò a una e gettò l’altra ai miei piedi.
-Risolviamo
le nostre questioni come si usava un tempo tra gentiluomini.- disse -Ti
avverto, però: già ai tempi dell’università ero un campione di scherma.-
Io, invece, ero una mezza schiappa,
ma che scelta avevo? Questa cosa andava avanti da troppo tempo, era il momento
di finirla in qualunque modo.
Raccolsi la sciabola.
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Durante la sua prigionia Laura aveva saputo che i
contenitori criogenici che imprigionavano i soggetti clonati erano in un locale
in fondo al corridoio dove stava anche la cella dove era stata rinchiusa.
Ripercorremmo al contrario la strada che l’aveva portata fino
all’arena.
-Nessuno in vista.- mormorai -Strucker deve aver richiamato
tutti i suoi scagnozzi per fronteggiare la nostra invasione.-
-Non rilassarti, Jon.- mi redarguì Laura -Guarda!-
Avevamo raggiunto la nostra meta ma l’accesso alla sala era
difeso da una squadra molto ben armata dell’Hydra. Non fecero intimazioni ma ci
spararono contro.
Ci gettammo a terra evitando i primi colpi. Laura disse:
-Tre a te e tre a me, dovremmo farcela. Io prendo quelli di
sinistra.-
Senza aspettare la mia
risposta sparò e centrò in pieno i primi due bersagli, poi si rialzò di scatto
e corse verso il terzo cogliendolo in piena fronte. Ecco un lato della
personalità di Laura che non avevo approfondito: in questi casi sapeva essere
spietata ed efficiente.
Sembrava che prendere una
vita umana la lasciasse del tutto indifferente. Un atteggiamento che il ragazzo
da cui ero stato clonato non aveva fatto in tempo a sviluppare nella sua breve
vita ed io mi trovai a sperare di non svilupparlo mai.
Seguii Laura sparando e
presi in pieno due sgherri ma al terzo tentativo il percussore batté a vuoto.
Non stetti a chiedermi se il fucile fosse scarico o inceppato: corsi urlando
verso l’unico avversario rimasto in piedi tenendo il fucile come una clava.
Forse fu il mio urlo a
disorientarlo, non lo so, fatto sta che non sparò, dandomi il modo di colpirlo
in pieno mento e vi assicuro che ricevere sulla mascella la canna metallica e
surriscaldata di un‘arma come la mia non è affatto piacevole.
-Bella tattica, Jon.- disse Laura -Adesso diamoci da fare.-
Gettai l’ormai
inutile fucile e la seguii.
-Spero che tu abbia con te un decifratore.- mi disse.
Annuii ed estrassi
dalla cintura un aggeggino delle dimensioni di una carta di credito, una delle
tante invenzioni di Gaffer Levine o forse di quel ragazzo prodigio, Leo Fitz,
non lo sapevo
Laura lo prese e
lo appoggiò alla serratura elettronica della porta. Passarono solo pochi
secondi, poi la porta si aprì e finalmente entrammo nella stanza.
I contenitori
criogenici erano allineati uno accanto all’altro. Attraverso la plastica
trasparente era possibile vedere parzialmente all’interno. Su ogni contenitore
c’era una targhetta con il nome. Le scorremmo rapidamente trovando nomi
conosciuti ed almeno una sorpresa
-Lady Croft?- esclamò Laura, sorpresa -Hanno clonato anche
lei? Ma allora…?-
-Non so di chi parli e non m’importa.- borbottai
-Liberiamoli.-
Quel posto mi metteva
a disagio: mi ricordava troppo da vicino il laboratorio dov’ero “nato” e mi
metteva di fronte al fatto che non ero davvero l’uomo che pretendevo di essere.
Laura stava
esaminando quello che con tutta evidenza era un quadro comandi.
-Credo di aver capito come fare per risvegliarli.-
-Mi dispiace, piccola, ma non posso permettertelo.-
A parlare era
stato Bravo che, in contemporanea alle sue parole rivelatrici, esplose un colpo
della sua Webley contro il quadro elettronico. Non avevamo il tempo di puntargli
addosso le nostre armi, perché eravamo sotto tiro adesso.
-Richard, è contraddittorio da parte tua aiutarmi prima e
ostacolarmi adesso.-
Brava Laura,
stai prendendo tempo, pensai.
-Un conto è stato riequilibrare un po’ le forze in uno
scontro ed un altro tradire Strucker. Se non vi arrendete, stavolta dovrò a
malincuore mirare ai vostri cuori.-
Non potevo
rischiare che colpisse Laura. Io ero solo un clone, avevo già avuto la mia
seconda chance nel cerchio della vita. Approfittai della sua logorrea per
gettarmi su di lui.
Bravo strinse il
dito sul grilletto.
Uno sparo.
Non sentivo
dolore.
Rialzai lo
sguardo, quel Richard si stava tenendo una mano ferita.
Alle sue spalle
apparvero come angeli custodi la Contessa, con in pugno una pistola fumante,
Marcus Johnson e, se non ricordavo male il suo nome, l'agente Hunter.
Come sarebbe
andata se non fossero intervenuti?
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico. Se glielo aveste chiesto, Elizabeth Mace avrebbe avuto
difficoltà a ricostruire il percorso che l'aveva portata fin lì. Brandendo lo
scudo come un legionario romano in una formazione a testuggine, si era fatta
largo tra gli agenti in divisa e, con un misto di intuito femminile ed
esperienza militare, si era fatta strada verso quella che l'era parsa una
posizione strategica della base, a giudicare da com'era difesa e dalla sua
posizione.
Sperava di trovare quel
pavido del Barone Strucker - in carne ed ossa, stavolta - o il suo secondo in
comando.
Quando spalancò una porta chiusa con una spallata del suo
scudo, si ritrovò di fronte qualcuno che riconobbe dal briefing fatto prima
della partenza: Madame Hydra, in quella che pareva una stanza dei bottoni di
second'ordine. Nel vederla provò
un’inquietante sensazione: come se avesse già vissuto una scena simile. Scacciò
quel pensiero e si concentrò sulla sua avversaria.
Se i file su di lei
erano attendibili, i suoi mezzi offensivi erano avvelenati, forse persino i
suoi canini, quindi doveva fare in modo di non essere colpita - graffiata,
morsa - e di disarmarla. Colta alla sprovvista, la donna afferrò una frusta con
uno dei guanti con artigli affilati come rasoi.
Peccato che Capitan America avesse perso l'elemento sorpresa.
Madame Hydra scagliò la sua arma verso la gamba e le arpionò la caviglia
abbastanza da farla cadere tirandola. Un esordio poco decoroso per l'erede di
Steve Rogers e di suo fratello Jeffrey.
Più veloce del pensiero, il suo braccio mise in atto un uso
creativo dello scudo: con un colpo netto, di taglio verso il pavimento, la
frusta venne spezzata in due e resa inefficace. Non perse tempo a sciogliere il
moncone aggrovigliato alla caviglia, il costume non era certo fatto di spandex,
il suo tessuto avrebbe dovuto proteggerla dagli effetti di un eventuale veleno.
Elisabeth ripiegò quindi sul classico utilizzo della sua
unica arma: lo lanciò come un frisbee. Madame Hydra era abbastanza agile da
scansarlo con una ruota laterale e lo scudo si urtò contro la parete ma invece
di rimbalzare come ci sarebbe aspettati vi rimase attaccata rimase. Cap capì
che Madame Hydra aveva attivato un qualche aggeggio elettromagnetico per
bloccarlo.
Si prefigurava così un classico corpo a corpo a mani nude.
Tanto peggio, pensò Liz., lei non aveva bisogno dello scudo per vincere.
Madame Hydra le si avventò subito addosso cercando di
sfregiarle la parte scoperta di viso con la mano destra. L'eroina a stelle e a
strisce prontamente la fermò bloccandole il polso destro e, presagendo la mossa
successiva, riuscì subito a fermare l'attacco con la mano opposta. Ritrovatasi
a tenerla per i polsi con le braccia incrociate, ne approfittò per farla
volteggiare - come in un passo di salsa - e darle una ginocchiata sulla
schiena. Madame Hydra si destabilizzò quel tanto che bastava per fare una ruota
frontale e colpirla sotto il mento con i propri tacchi. Elizabeth si morse
labbra e lingua, che iniziarono a sanguinare insieme al mento ferito. Doveva
solo sperare che non avesse il veleno anche sulle scarpe. Non si perse certo
d'animo e sfoggiò il proprio allenamento roteando in aria per sferrare un
calcio volante verso il petto. Madame Hydra indietreggiò tossendo, ma
contraccambiò con la stessa mossa eseguita a terra e durante l'atterraggio
della paladina della libertà ebbe il tempo sufficiente per vendicarsi sullo
stesso punto.
-Che
fai, copi?- la canzonò Capitan America, passando a usare i due pugni a grande
velocità.
-Sei
tu che sei prevedibile.-
La terrorista scansò i primi colpi con scarti laterali, poi
passò a contrattaccare con la stessa modalità. Punta nel vivo, Elisabeth Mace
decise di smentirla: all'improvviso si accovacciò, tese una gamba e girò per
falciare le gambe dell'avversaria. Vedendola atterrare sul fondoschiena, fu
soddisfatta di averle reso pan per focaccia per la sua entrata poco trionfale.
Ferale, Capitan America le gattonò addosso, nella colluttazione le due donne
rotolarono, finché la Vendicatrice riuscì, durante il giro giusto, ad
afferrarle la testa per la fronte e a sbatterla con violenza contro il
pavimento rischiando una micidiale commozione cerebrale dell'avversaria. Era
pur sempre un'eroina, e si assicurò che fosse ancora viva pur priva di
coscienza.
Pulendosi la bocca dal sangue col dorso della mano, si alzò
vittoriosa.
Da un’altra parte dell’isola. L’Hydra Imperiale osservò lo strano gruppetto venire verso
di lui. Incredibile che fossero ancora tutti sani, pensò. Evidentemente il
maledetto potere mutante di Domino li stava proteggendo, un fattore che il
Supremo Hydra non aveva tenuto in adeguata considerazione purtroppo.
L’Hydra avrebbe vinto alla fine, ne era convinto anche lui,
ma sarebbe stata una vittoria decisamente molto sofferta.
Osservò Man-Killer, che una volta era stata perfino Capo
Sezione dell’Hydra,[5]
sbarazzarsi di agenti preparati come fossero birilli e farsi largo nella sua
direzione. Puntò la sua pistola verso la massiccia rossa. I proiettili speciali
nel suo caricatore avrebbero sicuramente penetrato anche la pelle di quella
dannata superumana.
Prima che potesse sparare, Domino balzò in avanti ed
impugnando una pistola per mano sparò a sua volta contro di lui cogliendolo in
pieno petto.
L’Hydra Imperiale
cadde a terra ma subito dopo i suoi avversari lo videro tentare di rialzarsi.
Il petto gli doleva terribilmente e quasi non riusciva a respirare ma era vivo:
lo speciale tessuto antiproiettile della sua uniforme aveva fatto il suo
dovere.
Mentre cercava di recuperare la sua arma vide Gorilla Man,
per l’occasione rivestito solo di un paio di pantaloncini bermuda, balzare
dritto verso di lui e reagì d’istinto liberando le sue pantere.
Gorilla Man si ritrovò addosso i due possenti felini che
tentarono di azzannarlo alla gola. Dopo un momento di sorpresa riuscì ad
afferrarli per la collottola.
-Vogliamo
giocare a King Kong? - esclamò -Cercherò di non farvi troppo male, ragazzi.
Sono un animalista convinto, sapete?-
Sbattè le teste delle pantere l’una
con l’altra e poi le lascio andare prive di sensi, quindi si guardò intorno ed
esclamò:
-Dov’è
finito quel figlio di una signora di piccola virtù?-
L’Hydra Imperiale era scomparso.
Da un’altra parte ancora. Philip
Coulson sembrava il classico stereotipo della spia elegante popolarizzata da
James Bond, John Steed e Napoleon Solo[6]
e qualche avversario lo aveva sottovalutato credendo che fosse poco più di un
burocrate per poi pentirsene amaramente. Pochi sapevano che in quella che a
volte gli sembrava un’altra vita era stato nelle Forze Speciali dell’Esercito e
quell’addestramento gli stava tornando molto utile adesso.
Il suo giubbotto in uno speciale
tessuto antiproiettile lo aveva protetto piuttosto bene ma doveva ammettere che
aveva avuto anche una bella dose di fortuna… fortuna che prima o poi sarebbe
necessariamente finita.
Proprio in quel momento, alle sue
spalle, un agente dell’Hydra lo stava prendendo di mira alla nuca, Non riuscì a
sparare perché fu a sua volta colpito.
Coulson si voltò di scatto e vide la sua collega
cinoamericana Melinda May con in mano una pistola ancora fumante.
-Dovresti
imparare a guardarti le spalle, Phil.- gli disse nel suo tono apparentemente
privo di emozioni.
-E
perché, visto che ci sei tu a proteggerle?- ribatté lui sorridendo.
Melinda sollevò appena un
sopracciglio, scosse la testa e riprese a sparare.
Bus N. 1 sopra l’Isola di Hydra. -Eureka!- esclamò Leo Fitz e, per quanto fosse stato costretto
a studiare in accademia, la cultura di Grant Ward non arrivava a cogliere la
citazione.
-Cosa?
Vuoi chiamare così questa roba?-
-Uhm,
no, ma non ho il tempo di trovare un nome a questo Spara-Raggio-EMP.-
-"Iurìca" o quello che era andrà
bene. Vuoi una mano a spostarlo e usarlo?-
-Bel
tentativo - gli rifilò un'occhiata torva e fugace alle manette.
-Che
cos'è? - s'intromise Maria Hill, con una garza sulla guancia destra e un tutore
al braccio dello stesso lato.
-Ho
assemblato insieme un fucile energetico e una bomba EMP, in modo che invece di
esplodere un impulso elettromagnetico sferico, spari un impulso verso un
obiettivo, come un laser, spegnendolo.
-L'ha
testato?-
-No,
c'è il rischio che esploda o faccia spegnere l'aereo e ci faccia precipitare, non
abbiamo tempo per una sperimentazione.-
-Sta
scherzando, vero?-
Leo Fitz esibì un sorriso a trentadue denti, poi si rivolse a
due colleghi:
-Cunha,
Ağayev, ho bisogno di
voi per spostare il... cannone e usarlo. Prima lo puntiamo sugli aerei nemici,
poi punteremo il campo di forza. Attenzione al fuoco amico, non dobbiamo
colpire la nostra flotta.-
-Sta
mettendo a rischio tutti a bordo.-
-Si
fidi di me, agente Hill. Sono comunque il più alto in grado dello S.H.I.E.L.D. su questo Bus dello S.H.I.E.L.D. Con tutto il rispetto
- lanciò una frecciata all'agente del F.B.S.A. - Vado in cabina a dare ordini
al pilota.-
Un minuto dopo, dal varco lasciato aperto dal tentativo di
arrembaggio, gli agenti portoghese e azero spararono il primo raggio.
E il primo aereo calò a picco nel giro di pochi secondi.
-Woh!
- esclamò l'agente asiatico, esaltato come un bambino alle prese con un
videogioco sparatutto.
La Hill esalò un sospiro di sollievo.
"Eureka" avrebbe funzionato anche contro il campo
di forza?
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Bravo si massaggiò la mano intorpidita e disse:
-A
quanto pare sono arrivati i rinforzi come nei vecchi film western. Sei davvero
una ragazza fortunata.-
-E
tu sarai un uomo morto se solo fai una mossa sbagliata.- lo minacciò Marcus
Johnson tenendolo sotto mira della sua modernissima Sig Sauer P226 armata con
proiettili 9×19mm Parabellum, decisamente roba tosta.
-Te
lo hanno mai detto che hai un forte complesso di ostilità, Sergente Fury?-
ribattè Bravo in tono irridente.
-Zitto!-
Lance Hunter puntò la sua arma sotto il
naso di Bravo e disse:
-Quasi
quasi vorrei che tu tentassi qualcosa così avrei la scusa per farti saltare la
testa. Odio chi rapisce le donne.-
-Un
vero gentiluomo britannico eh? È sempre un piacere incontrarne uno.- replicò
Bravo.
Per tutta risposta Hunter gli sferrò
una ginocchiata all’inguine, poi lo colpì al volto con la canna della sua
pistola. Mentre l’altro si accasciava a terra gli disse:
-Non
sono poi tanto un gentiluomo come vedi.-
-Cominci
a starmi simpatico, inglese.- commentò Marcus.
-Anche
tu a me, Yankee. A proposito, non ho ancora capirlo come devo chiamarti:
Marcus, Nick, "Ehi tu"?-
-Come
ti pare.-
Intanto Val si era avvicinata al
pannello di controllo e chiesto a Laura Brown:
-Quali
sono i comandi che aprono i contenitori criogenici?-
-Direi
che siano questi.- rispose lei indicando una fila di pulsanti. -Il colpo di
Richard sembra non aver beccato circuiti vitali, credo funzionino ancora.
-Allora
azionali adesso.-
Mi avvicinai anch’io e mi rivolsi alla Contessa:
-Val…-
-Non
dire nulla, Junior.- mi zittì -Ora ho capito la verità. Non sono un clone, Nick
non lo avrebbe permesso, quindi è ovvio: sono un LMD, non è così forse?-
Mi limitai solo ad annuire. Lei
proseguì:
-Ecco
perché continuavi ad evitarmi nelle ultime settimane. La situazione ti
imbarazzava troppo.-
-Io…-
balbettai.
-Va
bene cosi. Nick ha agito per il meglio ed io lo accetto, credimi.-
Era vero o cercava solo di ingannare noi e soprattutto se
stessa? Non avevo una risposta.
-Non
perdiamo altro tempo.- insistette rivolta a Laura.
Pur scatenando qualche scintilla, la donna delle mie fantasie
trafficò con la console dei comandi e in un colpo si avvertì un concerto di
"sfiati": le capsule pressurizzate si stavano svuotando e aprendo
tutte insieme.
-Saranno
confusi: non abbiamo molto tempo, ma è giusto tranquillizzare ciascuno di
loro.- disse Laura.
-Tranquillizzarli
perché sono come mamma li ha fatti?- cercò di sdrammatizzare Lance. In effetti
io stesso non ero abituato a tanta nudità: credo che in quest'epoca invece ci
siano più avvezzi, che abbiano meno problemi di... pudore. Difatti il
britannico si fiondò ad aiutare una donna scandinava, probabilmente una
diplomatica del Nord Europa.
-È
tutto ok - le disse suadente, prendendola quasi in braccio. Io non potevo
arrivare a tanto. Preferivo dedicarmi ai sequestrati di sesso maschile, ma
prima trafficai negli armadi del laboratorio per recuperare quanti più
indumenti possibili e distribuirli.
Mentre bazzicavo in giro ascoltai alcune surreali
conversazioni. Marcus Johnson si stava prendendo cura di un confuso Mike Fury,
non a caso.
-Grazie
- ci disse il ragazzo.
-Ciao,
Mike.- lo salutò Marcus, con una confidenza inaspettata che lasciò visibilmente
perplesso l'interpellato. -So che sei ancora stordito e scioccato dal rapimento
e dal risveglio, ma se c'è una cosa che ho imparato sul campo, è che è meglio
sentire un dolore lancinante tutto insieme ma far tornare a posto una spalla
slogata, piuttosto che soffrire lentamente.
Quel giovanotto non mancava in audacia.
-Di...
di che cosa stiamo parlando?-
-Sono
Marcus Johnson, ma di recente ho scoperto di potermi chiamare Nick Fury Jr.
Sono un tuo fratellastro da parte di padre.-
-Ok,
ora mi sembra di essere a un festino di Timothy Leary[7]...
- commentò Valentina de la Fontaine, stranita - presumo - alla vista della sua
doppelgänger e all'ascolto casuale di quelle notizie.
-Ti
capisco, sorella. E a giudicare da quello che vedo in giro, ci saremmo
divertite abbastanza - rispose l'LMD, cogliendo la palla al balzo per
stemperare una tensione altrimenti insostenibile.
-Accidenti,
suono sempre davvero così allusiva?-
I convenevoli furono interrotti da
Laura Brown, di nuovo alla postazione dei terminali:
-Signori,
stiamo attenti: da quel che vedo qui, è abbastanza chiaro che stanno per
raggiungerci altre squadre nemiche armate fino ai denti. Da un tunnel, credo.-
-Non
c'è ragione di combattere, voi scappate - ci esortò la Valentina robotica.
-Ma
come..?-
-Te
la sentiresti di combattere ora?
La Contessa originale scambiò uno
sguardo d'intesa con gli altri ostaggi. I loro muscoli erano quasi atrofizzati,
dopo mesi di immobilità forzata. A malapena potevano camminare verso la
salvezza.
-Come
pensavo, siete troppo deboli. Laura, Marcus, Junior, tocca a voi portarli in
salvo.-
-Questo
non vuol dire che ti lasceremo qui! - ribattei, da indignato cavaliere.
-Serviranno
due braccia e due occhi in più - provò a essere pragmatico il figlio di colore
di Nick Fury.
-Sono
più utile qui per tenerli a bada e distrarli. Muovetevi, adesso!-
Io e Marcus ci guardammo e capimmo. Pur
non del tutto convinti, ci rendemmo conto della situazione e annuimmo.
Strategicamente, aveva senso lasciare un LMD per salvare un congruo numero di
agenti e ostaggi umani. Così come io, da clone, mi sarei sacrificato per
salvare persone nate da un utero materno.
-Ti
lascerei qui ma sarebbe troppo facile per te.- disse Laura all'indirizzo
dell'agente Bravo, strattonandolo via -Qual è la via di fuga migliore?-
-Strucker
è un inguaribile nostalgico. Seguitemi, abbiamo una monorotaia da prendere.-
Non sapevamo se fidarci, eppure
d'istinto lo seguimmo.
Isola
dell’Hydra, sala criogenica. Il
Life Model Decoy della Contessa Valentina de la Fontaine sorrise, di un sorriso
dal sapore agrodolce, quando i suoi occhi artificiali si assicurarono che gli
agenti dello S.H.I.E.L.D. e i prigionieri avessero lasciato la zona sani e
salvi. Giusto in tempo, perché finalmente gli agenti dell'Hydra irruppero nella
sala dal tunnel.
Non era impreparata: in quel nugolo
di minuti, aveva già smanettato con il quadro dei comandi, compiuto una serie
di misteriose operazioni e aveva già impostato un comando, pronto per essere
finalizzato, e nessuno avrebbe potuto annullare il codice, non nel modo in cui
lo aveva "hackerato", non nei tempi necessari. Forse, in un
impercettibile istinto naturale, si era ritrovata a essere più brava della vera
Valentina con i computer, per diritto di... nascita, risvegliato da quando
aveva scoperto la sua vera natura.
I nemici non si persero in
chiacchiere, avevano già visto cadere troppi compagni, e la crivellarono di
colpi. Questo non le impedì di spingere il tasto di Invio.
Le ultime parole registrate dalla
memoria centrale di Valentina de la Fontaine, accasciata sul pavimento, furono
quelle di un altoparlante che recitava:
<<
Attenzione: trenta minuti
all'autodistruzione.>>
Quartier
Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York, Anna Olegovna Derevkova, Anya per gli amici, era
un’affascinante russa che dimostrava molto meno dei suoi 48 anni. Aveva un che
di Uma Thurman o forse più una Kim Basinger dai capelli rossi. Timothy Aloysius
Cadwallader Dugan Jr, Tim per gli amici, sorrise quasi senza volerlo vedendola
passare nel corridoio. Scosse la testa, chissà cosa avrebbe detto suo padre, il
famoso Dum Dum, se lo avesse visto adesso? Meglio non pensarci.
Tim, che per quanto grande e grosso
come suo padre aveva preferito la scienza all’azione, seguì la donna sapendo
bene dov’era diretta.
Non le sto guardando il sedere,
davvero, papà, si ritrovò a pensare e nella sua testa poteva sentire la
risposta che, se fosse stato presente, avrebbe dato sicuramente il vecchio
tricheco, come lo chiamava affettuosamente zio Nick: “Io sì”. Serviva a
scacciare il pensiero che il suo vecchio fosse ancora sotto osservazione dopo
l'attacco dell'Hydra.
Stava ancora ridacchiando quando entrò in una saletta
dell’infermeria dove Anya Derevkova era ferma in piedi accanto ad un lettino
dove era sdraiato qualcuno. Stava parlando con un uomo anziano quasi calvo ma
con il resto della capigliatura decisamente scarmigliata.
-Scusate.-
disse rivolgendosi ad entrambi -Come sta la… paziente?-
La paziente in questione era una
ragazza dai capelli ramati che indossava un’attillata calzamaglia bianca con un
ragno nero disegnato all’altezza del seno sinistro. Tim Dugan sapeva benissimo
chi era: la Vedova Bianca, la migliore eliminatrice, ovvero assassina, del
F.S.B,,[8]
il servizio di controspionaggio della
Federazione Russa. Sapeva anche perché si trovava lì: il terrorista nostalgico dell’Unione
Sovietica che si faceva chiamare Teschio Rosso le aveva fatto il lavaggio del
cervello per farle assassinare Henry Peter Gyrich, Consigliere del Presidente
degli Stati Uniti per gli Affari Superumani facendo ricadere la colpa sui
servizi segreti russi. Per fortuna Capitan America aveva sventato il complotto[9] e la
Vedova Bianca era stata consegnata allo S.H.I.E.L.D. per essere decondizionata
e riportata in patria.
-Stavo informando Mrs. Derevkova che intendo usare
una versione della Macchina Id di Wizard per annullare gli effetti del lavaggio
del cervello subito dalla Vedova Bianca.- disse Sidney E. Levine, Direttore
della sezione scientifica, chiamato Gaffer praticamente da tutti,
sostanzialmente la versione umana di Archimede Pitagorico.
-Ottima idea.- replicò Tim.
-Io vi ringrazio, signori.- disse Anya -E vi
assicuro che il mio governo non dimenticherà il vostro aiuto.-
Tim
sospettava che l’interesse di Anya Derevkova fosse personale molto più che
professionale e pensava di aver capito anche di che esatta natura fosse, ma
rispettava il diritto alla riservatezza della donna. Non erano affari suoi.
Isola
dell’Hydra, Oceano Atlantico studio del Supremo Hydra. Se ci fossero stati spettatori dello scontro alla
sciabola tra me e Strucker, avrebbero potuto pensare di essere capitati sul set
del remake di un vecchio film di Errol Flynn o Stewart Granger.
Il Barone era veramente uno schermidore eccellente,
io, invece, avevo preso appena qualche lezione. La mia sciabola d’ordinanza di
ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti se ne stava a far compagnia alla mia
alta uniforme in uno degli armadi di casa mia e non la toccavo da anni. Tutto
quello che riuscivo a fare era qualche goffa parata e saltare per evitare i
suoi affondi.
-Mi
deludi, Fury.- mi si rivolse Strucker con un sorriso di scherno sulle labbra
-Speravo in una sfida più eccitante.-
-Spiacente
di non essere all’altezza delle tue aspettative, Wolfgang.- ribattei evitando
di misura un fendente al fianco sinistro -Cercherò di far meglio la prossima
volta.-
-Non
ci sarà una prossima volta.- replicò lui.
Mulinò la sua sciabola così
velocemente che non riuscii quasi a vederlo ed in un attimo mi ritrovai
disarmato.
Strucker fece un sorriso di trionfo e pungolandomi con
la punta della sua lama mi costrinse contro una parete.
-Sei
mio.- disse preparandosi ad affondare la lama nella mia gola.
Improvvisamente una voce elettronica rimbombò nella
stanza:
<<Diciassette
minuti all’autodistruzione.>>
Fu un attimo: Strucker voltò istintivamente la testa
ed abbassò la lama. Non persi tempo e ne approfittai per lasciar partire un
calcio alle sue parti basse.
Lui si piegò e lasciò cadere la sciabola. Non esitai e
gli balzai addosso per poi colpirlo ripetutamente con pugni e calci senza
permettergli di riprendere fiato. Questa non era una competizione sportiva ma
una lotta per la sopravvivenza. Non esistevano colpi proibiti.
Alla fine
Strucker giacque sul pavimento svenuto e sconfitto.
Isola
dell’Hydra, Oceano Atlantico, superficie. -Capitano, qual è la
situazione qui? - domandò Daisy Johnson, irrompendo nella sala in cui si era
consumato lo scontro tra due donne cariche di eredità da onorare.
-Madame Hydra è fuori gioco,
aiutami a legarla, dopodiché riuniamoci agli…-
-Attenta!-
Quake alzò
il braccio destro verso Capitan America e quest'ultima vide l'aria davanti a sé
tremolare vistosamente, come vapore che sale dall'asfalto bollente. La scarica
però non era diretta verso di lei, ma alle sue spalle.
Si
voltò e vide Madame Hydra sbalzata via contro la parete e, insieme a lei,
schizzò via una pistola che aveva in mano, e che non aveva fino a poco prima.
-Stava per spararle alle
spalle! - spiega l'agente dello SHIELD.
-Grazie, ti devo la vita. A
quanto pare fingeva di essere svenuta, o si stava riprendendo... se fossi
arrivata un paio di minuti prima, mi avresti tolto il piacere di uno scontro
corpo a…-
Elizabeth
Mace venne di nuovo interrotta, stavolta da una scossa simile a quella di un
terremoto.
La
parete, già crepata dallo scudo e dall'intervento di Quake, crollò impietosa
sul corpo esanime di Madame Hydra.
-Cosa...?! Io non...-
Capitan
America cercò per un attimo di togliere alcune macerie per recuperare
l'avversaria, ma una nuova scossa la fece fermare e mettere lo scudo sopra la
testa.
-Non sono stata io!- urlò Daisy.
-Ti credo. Vorrei salvarle la
vita ma dobbiamo salvare la nostra, andiamo.-
Uscendo
dalla stanza, nei corridoi divenne udibile la voce elettronica diffusa nella
base:
<<Quindici minuti all'autodistruzione.>>
-Ora
si spiega tutto - tirò un sospiro di sollievo Daisy, terrorizzata dall'uso
incongruo del suo potere.
Isola dell’Hydra, Oceano Atlantico, sotterranei. Ci ritrovammo proiettati a tutta velocità attraverso una
specie di canale, l’onda d’urto del terremoto o quel che cavolo era ci stava
sospingendo a folle velocità.
-Che
diavolo sta succedendo?- chiese Mike Fury.
In altri momenti avrei ammirato la sua apparente tranquillità
dopo l’esperienza che aveva passato, adesso ero più interessato a sopravvivere.
-Così
a occhio, direi che i corridoi alle nostre spalle sono stati appena invasi
dall’acqua e sarebbero guai grossi per noi se, per nostra fortuna, questo mezzo
non fosse anfibio.- intervenne Laura Brown.
-Il
vero problema è cosa c’è in fondo a questo tunnel. Se c’è una paratia
d’acciaio, a questa velocità finiremo spiaccicati come mosche.- commentò
Valentina, la vera Valentina Allegra De La Fontaine.
Anche lei stava dimostrando una
freddezza incredibile.
-È
un condotto che dà direttamente sul mare.- spiegò Bravo -Questo mezzo è una
specie di hovercraft ed è pure un sottomarino.-
-Classica
efficienza dell’Hydra eh?- replicò Mike Fury.
Era impressionante, almeno per me,
quanto fosse somigliante a Nick.
-Vedo
la classica luce in fondo al tunnel!- gridò Laura -Tenetevi pronti, potrebbe
essere un ammaraggio duro.-
Guardai gli ex prigionieri che erano
stati clonati. Erano quasi tutti burocrati o politici ed erano già abbastanza
traumatizzati. Formulai una silenziosa preghiera.
Alla fine fummo sparati all’aperto. Per momenti che
sembrarono interminabili sembrò che fossimo sospesi a mezz’aria poi il nostro
mezzo ricadde nell’acqua e ci ritrovammo per un istante come se lo stomaco ci
fosse risalito in gola.
-Siamo
vivi, pare.- commentò filosoficamente Val.
-E
c’è di più.- aggiunsi -Il campo di forza che circondava l’isola è scomparso.
Per fortuna o ci avremmo sbattuto contro.-
Laura aprì il tettuccio e finalmente
tutti potemmo respirare all’aria aperta. Dalle nostre spalle risuonò una voce
elettronica:
<<Dieci minuti all’autodistruzione.>>
-A
quanto pare, questo posto sta per saltare.- commentò Laura-Ci conviene
allontanarci il più possibile prima che accada.-
-Qualcuno
deve aver azionato il meccanismo di autodistruzione.- aggiunse Val.
Nessuno di noi lo disse ma sapevamo bene tutti che era stata
opera dell’altra Val, un LMD che si era dimostrata più umana di tanti presunti
esseri umani cosiddetti veri.
Laura, dal posto di comando azionò la radio di bordo e
recitò:
-Mayday,
Mayday! Qui è il Comandante Brown. Mi ricevete Bus n. 1?-
<<Forte
e chiaro, Comandante.>> rispose Leopold Fitz <<Dove si
trova?>>
-Su
un mezzo anfibio dell’Hydra al largo dell’isola. Con me ci sono la Vice
Direttrice De La Fontaine, gli agenti Juniper e Fury, oltre agli ex prigionieri
dell’Hydra ed un prigioniero nostro.-
<<Vi
abbiamo individuato e stiamo venendo a raccogliervi. Resistete.>>
Ci lasciammo andare ad un sospiro di
sollievo collettivo.
Isola
dell’Hydra, Oceano Atlantico, superficie. Quando arrivai
sulla spiaggia portando sulle spalle Strucker svenuto la marea era cambiata,
per così dire, e da sconfitti eravamo diventati i vincitori.
-Qualcuno vorrebbe dirmi cos’è successo?- chiesi
scaricando a terra Strucker.
Mentre
un paio di agenti provvedevano a legarlo come un salame, Coulson rispose:
-L’Hydra ha perso e noi abbiamo vinto.-
-Giulio Cesare sarebbe fiero della tua concisione,
Coulson. - replicai sogghignando -Un rapporto un po’ più esaustivo?-
Fu
Daisy Johnson a fornirlo mettendomi rapidamente al corrente di tutto quanto era
accaduto mentre ero occupato con Strucker.
<<Sette
minuti all’autodistruzione.>> continuava a scandire quella irritante
voce elettronica dagli altoparlanti.
-Non perdiamo tempo, evacuiamo l’isola!
I soldati dell’Hydra, ormai totalmente
demoralizzati, si erano arresi e si fecero caricare sui Bus senza discutere.
- Non c’è
traccia dell’Hydra Imperiale, sembra sparito nel nulla.- annunciò
Melinda May.
<<Quattro
minuti all’autodistruzione.>>
-Non
c’è il tempo di cercarlo.- dissi -Dobbiamo filarcela alla svelta. Rimanderemo
la resa dei conti con lui ad un altro giorno.
Riuscimmo a completare l’evacuazione
appena in
tempo: avevamo appena raggiunto la distanza di sicurezza che ci fu una tremenda
esplosione, la struttura dell’isola collassò ed in breve sprofondò nell’oceano.
-Amen.- commentai.
Pochi
minuti più tardi. Durante il volo, in un momento di tregua, mi avvicinai
a Leopold Fitz che aveva il volto contento come un bambino, mentre digitava
compulsivamente sul suo terminale. Gli diedi una pacca sulla spalla e dissi:
-Ho saputo che cosa sei riuscito a fare con quel
cannone a impulsi EMP. Gaffer potrebbe avere un degno erede, un giorno.-
-Grazie, signore, sono onorato di sentirglielo dire.
Voglio darle anche un'altra buona notizia: qualcuno che si è firmato con
"CVDLF-LMD" ci ha inviato dall'interno della base tutti i dati del
loro server! -
Mi ci
vollero due secondi per decifrare l'acronimo. Avevo sviluppato un'insofferenza
verso i Life Model Decoy dopo l'Affare Deltite, eppure ora sentivo un magone al
petto all'idea di aver perso la versione robot di Valentina, che si era
dimostrata così utile ed eroica fino all'ultimo momento. Si può dire che mi ci
fossi affezionato?
-So chi è stato, ma... che cosa c'è in quei dati?-
-Tutto, signore! Sto appena iniziando il data mining ma... sembra ci sia la mappa
dell'intera rete dell'Hydra, in tutto il mondo! Compreso l'Echidna Group, altre
società di comodo...-
-Pare troppo bello per essere vero, da quel che dici
sarà possibile smantellarla definitivamente.-
-Sissignore.-
Sorrisi.
Quella che era partita come una missione suicida, una trappola in cui eravamo
caduti come pere mature si era rivelato il più grande successo dell'Agenzia - e
mio - da tempo immemore.
Strucker
era nostro prigioniero. L'Hydra era praticamente distrutta. I miei amici erano
vivi, e lo erano anche i miei figli. Mi faceva strano vederli lì a parlare, in
un angolo.
Avrei
avuto molto da dire a entrambi, una volta a casa.
EPILOGHI
Palazzo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
Turtle Bay, Manhattan, New York City, il mattino dopo. Non
c'erano state ulteriori comunicazioni dai piani superiori, dopo la visita di
Daniel Whitehall. C'era un silenzio sospetto, sì. Nel dubbio, per non destare
ulteriori sospetti e portare a termine la sua ultima missione, Amelia Croft si
presentò al meeting settimanale del Comitato di Controllo sulle
Risorse Speciali di Mantenimento della Pace ma la sala era apparentemente
vuota.
Dall'ombra emersero due figure: un uomo, in divisa dello
S.H.I.E.L.D., con un'arma puntata contro di lei e, alle sue spalle, c'era
un'altra Lady Croft, una versione più emaciata e provata, eppure era l'articolo
originale, per così dire.
-L'Hydra è stata sconfitta e
tu sei stata scoperta - le comunicò Mike Fury, saltando ogni convenevole.
La
donna alle sue spalle aveva una faccia inorridita e spaventata: trovarsi faccia
a faccia con il proprio clone è un'esperienza disturbante per chi è al di fuori
del campo, eppure la nobildonna aveva fatto esplicita richiesta di essere
presente all'arresto.
-Non provare ad attivare il
Protocollo Apocalisse - continuò Mike.
Dai dati raccolti, ormai sapevano che si trattava di una bomba potentissima che
avrebbe dovuto ridurre in briciole l'edificio dell'ONU -Gli artificieri l'hanno
già disinnescato.-
La
vera Amelia Croft avrebbe fatto la fortuna di uno psicoterapeuta negli anni
successivi, nel tentativo di scacciare dalla sua mente e dai suoi incubi
l'immagine del suo doppio che digrignava i denti, rompeva una capsula di
cianuro lì nascosta e si accasciava morta sul pavimento, dopo una serie di
convulsioni.
-È finita - la rassicurò il
figlio di Nick Fury e fu solo un temporaneo sollievo.
Da qualche parte nelle Alpi
Svizzere,. Il posto era uno chalet isolato ma dotato di ogni comfort moderno.
Nel salottino un uomo seduto in una comoda poltrona stava seguendo il
notiziario che riportava le ultime notizie sulla sconfitta che pareva
definitiva dell’Hydra. In tutto il Mondo erano stati eseguiti centinaia di
arresti, qualcuno aveva provato a resistere ma era stato ucciso, altri si erano
suicidati.
L’uomo aspettò le fine del
notiziario, poi spense la TV, si alzò dalla poltrona e si recò nella sua camera
da letto, aprì un armadio a muro e scostò un pannello rivelando uno scomparto
segreto all’interno dove è riposta un’uniforme verde, l’uniforme dell’Hydra
Imperiale.
Per
fortuna - pensò l’uomo, sorridendo - l’ubicazione di quel rifugio era nota solo
a lui ed al Supremo Hydra e non era riportata nei file dell’Hydra assieme ad
altri preziosi segreti,
Poteva
stare tranquillo: era assolutamente sicuro che il Barone Strucker non ne
avrebbe parlato con nessuno, dopotutto sapeva fin troppo bene che solo lui, il
suo primogenito ed erede, avrebbe potuto ricostruire l’Hydra, il cui nome non
era stato scelto a caso: come il mostro mitologico da cui prendeva il nome: se
una testa veniva tagliata ne sarebbero ricresciute due. L’Hydra sarebbe rinata
e lui l’avrebbe guidata.
Werner
von Strucker poteva ritenersi soddisfatto.
Un famoso ristorante di New
York, la stessa sera. Era la cosa più vicina ad una riunione di famiglia che
avessi sperimentato da anni e questo mi rendeva più nervoso che affrontare le
orde dell’Hydra.
Quando entrai nel locale, vestito e sbarbato di tutto
punto il cameriere mi condusse al tavolo dove mi aspettavano già il mio vecchio
compagno d’arme Gabe Jones assieme a sua figlia Nia, che era anche la madre di
uno dei miei figli e già questo era sufficiente a farmi sentire a disagio.
-Ehi,
Nick, erano secoli che non ti vedevo così elegante. Dove hai preso quello
smoking?- mi apostrofò allegramente Dum Dum Dugan.
I medici non erano riusciti a
trattenerlo in ospedale e secondo me erano stati ben felici di sbarazzarsene.
Avanzava poggiandosi su due stampelle, ma dissimulava in tutto e per tutto il
suo disagio, e io lo assecondai non sottolineando la sua temporanea invalidità.
-Tu
non ci crederai, Vecchio Tricheco, ma anche io so vestirmi bene.- replicai, poi
salutai i presenti e mi sedetti. Fissai Nia e lei ricambiò lo sguardo in
silenzio. C’era ancora decisamente imbarazzo tra noi, mi chiesi se sarebbe mai
passato.
Improvvisamente udimmo un mormorio
provenire dall’ingresso e quando ci volgemmo a guardare capimmo cosa l’aveva
generato: la Contessa Valentina Allegra De La Fontaine aveva fatto il suo
ingresso trionfale sfoggiando un abito da sera decisamente mozzafiato. Quel che
mi colpì più di tutto furono i suoi due accompagnatori. Alla sua destra un
afroamericano muscoloso dalla testa rasata ed una benda nera sull’occhio
sinistro, il mento e le labbra ornati da una rada barbetta e baffi, sembrava
più a disagio di me nello smoking nero che indossava; alla sua sinistra un
giovanotto caucasico dai capelli castani scuri, che invece indossava il suo
smoking con giacca bianca come se fosse nato per portarlo. Li conoscevo
entrambi: erano i miei figli e non avevo dubbi che Val avesse studiato con cura
questo suo rientro sulle scene.
Venne al tavolo e con voce flautata
disse:
-Scusate
il ritardo ma sapete come siamo noi donne. Sono stata indecisa fino all’ultimo
su quale abito mettermi.-
-E
poi hai scelto quello per cui il sarto ha risparmiato di più sulla stoffa.-
commentò Nia, sarcastica.
La Contessa scrollò le spalle. Anche lei, come Dum
Dum, era abilissima a dissimulare il suo disagio. Ne ho passate tante, ma non
so come dev'essere risvegliarsi dopo mesi di coma, in cui tutti hanno avuto a
che fare con un tuo doppio, che ha appena sacrificato la sua non-vita per te.
Val aveva l'aria di chi era già aggiornata su tutto,
anzi, all'avanguardia. Non mi avrebbe meravigliato sapere che aveva passato le
ore precedenti a studiare rapporti e verbali.
-Per
mia fortuna, Nicky e Mickey hanno avuto la pazienza di aspettarmi. Sono due
cari ragazzi.- aggiunse.
-Nicky?-
esclamò Nia.
-Mickey?-
esclamai io.
Val si limitò a sorridere e si
sedette poi gli altri due la imitarono.
-E
così, ora usi il nome Nick Fury Jr?- chiese Gabe al nipote.
-Non
ho ancora deciso per la verità.- ribattè lui. - Marcus Johnson è stato il mio
nome per tanto tempo, non so se potrei abituarmi ad usarne un altro, anche se
mi dicono che è quello vero.-
-Oh,
lo farai, vedrai. È capitato anche a me e in fondo Mikel Alexiev non suonava
neanche male.- replicò Mike.
Ero contento che i miei figli
avessero socializzato. Avrei dovuto dir loro che avevano anche una sorella ma
non stasera. Stasera era per loro. Per il resto ci sarebbe stato tempo, in
fondo, per citare Louis Armstrong, avevamo tutto il tempo del Mondo.
Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D.,
Turtle Bay, Manhattan, New York. C'era un motivo per cui gli Agenti della task force congiunta
- informalmente ancora nota come "team Coulson" - non si erano uniti
ai festeggiati.
Ne avrebbero avuto ben donde: avevano partecipato a una
battaglia storica contro l'Hydra, e messo dietro le sbarre la loro nemesi Grant
Ward - che si era anche rivelato meno diabolico del dovuto... ma tutto era
svanito quando avevano ripreso in mano i loro Starkphone e tutti gli agenti
dello SHIELD avevano scoperto di aver ricevuto lo stesso messaggio dall'Agente
Robert Gonzales.
-Ragazzi,
ho ricevuto uno strano messaggio da Gonzales...- annunciò Leopold Fitz -E
svariate chiamate di Jemma.-
-Anch'io-
fece eco Lance Hunter -Parlo del messaggio, s'intende.-
-Ma
che roba è...? Un virus? I nostri sistemi dovrebbero essere a prova di... -
commentò Daisy Johnson, ex hacker di Rising Tide.
-Posso
vedere?- chiese Phil Coulson, ignorando i protocolli da agente del F.B.S.A.
-Agenti...-
s'intromise funereo Jasper Sitwell, con il braccio sinistro ingabbiato da un
tutore ortopedico -… nella foga della clamorosa vittoria, non c'è stato modo di
rendervi partecipi di una delle maggiori perdite di questa guerra.-
-Perdite?- intervenne Melinda May.
-Mentre
eravamo in missione, il vostro supervisore, l'Agente Robert Gonzales, è caduto
sul campo smascherando Daniel Whitehall come una talpa dell'Hydra, attualmente
latitante.-.
Daisy Johnson fece fatica a trattenere una scarica che
avrebbe distrutto la sedia davanti a sé.
Questa squadra aveva ancora un'ultima missione da compiere, a quanto pareva.
Una cittadina del New
Hampshire. Era qui che era nato Junior
Juniper, l’uomo da cui ero stato clonato, l’uomo che mi illudevo di essere, e
quella era la casa della sua famiglia.
Tutto era come allora, come nei ricordi che avevo ereditato
dal vero Juniper, beh non proprio: alcuni cambiamenti c’erano inevitabilmente
stati, in questi decenni, era inevitabile, ma in qualche modo era tutto
familiare
Junior
non aveva mai avuto figli ma suo fratello sì e quel figli gli avevano dato dei
nipoti. Uno di quei nipoti si chiamava Roger ed era un agente dello
S.H.I.E.L.D., uno di quelli rimasti feriti nello scontro finale contro l’Hydra,
una ferita superficiale grazie al cielo e così lo avevano rispedito a casa per
la convalescenza, il vecchio Nick è un sentimentale in fondo.
Mi
avvicinai all’ingresso e l’occhio mi cadde sull’ampia finestra che dava sul
soggiorno dove Roger e la sua famiglia erano riuniti. Potevo sentire l’eco
delle loro chiacchiere, delle loro risate ed improvvisamente mi chiesi cosa ci
facessi lì.
Io
non ero il vero Junior Juniper, ma solo un clone, una pallida imitazione di un
ragazzo morto nel 1942.
Quella
non era la mia famiglia, io non avevo famiglia. Lentamente mi girai e tornai
indietro lungo il viale.
Un‘auto accostò al marciapiede e si fermò
proprio davanti a me. Alla guida c’era Laura Brown. Mi guardò e disse
semplicemente:
-Torniamo a casa, Jon.-
Le sorrisi e salii a bordo.
Quartier
Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York Poche ore prima. Era stata una giornata particolarmente intensa per gli
impiegati dello S.H.I.E.L.D. Pensavano di essersela vista brutta dopo l'attacco
dell'Hydra e di poter godere di qualche giorno di riposo, invece la situazione
non lo permetteva.
La
distruzione della base principale dell'Hydra e le informazioni ottenute avevano
dato a tutti, dal primo all'ultimo in grado, gatte da pelare per giorni, per
non dire settimane. L'entusiasmo era contagioso, perché sembrava davvero la
volta buona che la nemesi dell'Agenzia fosse stata messa in ginocchio, ciò non
toglieva che c'era tantissimo lavoro da fare: verbali e rapporti da
controllare, perquisizioni, arresti, sequestri da coordinare in tutto il globo
terracqueo.
-Si è fatta una certa
ora, se non riposiamo non saremo produttivi - li congedò Nick Fury, al di fuori
del suo ufficio. Con un cenno della testa salutò in particolare la sua fedele
segretaria, Karin Rossberg, che rispose con un sorriso di circostanza.
La
donna chiuse tutto, indossò il cappotto, imbracciò la borsa e si diresse verso
l'uscita, salutando i colleghi dell'ufficio.
-Sono stanco morto, ma
se tornassi a casa con lei troverei la forza per star sveglio tutta la notte,
se necessario... - commentò qualcuno, dopo il suo passaggio simile a una
sfilata in passerella.
-A chi lo dici. Pare
che non la dia a nessuno qui, chissà con chi se la intende.-
-È più riservata di
Fury in persona! Se la tira troppo...-
La
segretaria aveva i suoi motivi per essere così discreta.
Rientrata
a casa, fece solo in tempo a togliersi i tacchi. Senza nemmeno passare dal
bagno, aprì un cassetto con una chiave, da cui prese un telefono e fece una
chiamata criptata.
-Come va, Werner?-
<<-Sono in una
base sicura.>>- rispose all'altro capo della linea Werner von Strucker.
-Sono contenta di
saperlo, in questo fosco quadro generale.-
<<Non abbatterti.
Siamo in pochi ad essere sopravvissuti all'epurazione generale ed alla fuga di
notizie, toccherà a noi far risorgere l'Hydra e ce la faremo come sempre. Fury
sospetta qualcosa?>>
-Nossignore. La mia
copertura è ancora salda. Se non dovessero estorcere la verità a tuo padre con
metodi violenti, nessuno conoscerà il nostro segreto.-
<<Non succederà.
Grazie per la tua fedeltà, Agente Romulus. Adesso risponderai a me: attendo un
rapporto ogni sera entro mezzanotte. Hail Hydra>> e chiuse la
conversazione.
Rincuorata,
Cassandra Romulus andò a farsi una doccia.
Aveva
una grossa responsabilità davanti a sé.
FINE?
NOTE DEGLI AUTORI
Pochissimo da dire:
1)
Innanzitutto un
ringraziamento speciale ad Andrea Garagiola, autore della trama base e degli
episodi da 2 a 8 di questa serie. È sicuro che la nostra conclusione è diversa
da quella pensata da lui ma speriamo che la possa approvare. Andrea ha da poco
iniziato una carriera come sceneggiatore professionista e gli auguriamo un
sincero: in bocca al lupo.
2)
Un sincero grazie anche
a Mickey, che mi ha affiancato in questo crossover con le sue idee e la qualità
della sua scrittura.
3)
Se l’originale Hydra
Imperiale era stata creata da Stan Lee & Jack Kirby su Strange Tales #135
datato agosto 1965, il suo sostituto si rivela essere nientemeno che Werner von
Strucker, primogenito di Wolfgang, creato da Bob Harras & Bob Hall su Nick
Fury Vol. 3° #1 datato settembre 1989.
4)
Cassandra Romulus è
stata creata da D.G. Chichester & Jackson Guice su Nick Fury Vol. 3° #22
datato aprile 1991.
5)
Capitan America non lo
sa ma la Madame Hydra che ha affrontato in realtà è Sinthea Schmidt, Sin, la
perfida figlia del Teschio Rosso che lei crede morta in realtà l’Hydra, oltre
che ad una plastica facciale, l’ha sottoposta ad un trattamento che ha
annullato la sua originale personalità sovrascrivendone una nuova ignara del
suo passato. Si può così dire che Sin è effettivamente morta ed ora lo è anche
la sua nuova incarnazione… giusto?
6)
Il destino di Daniel
Whitehall e del televisivo "Team Coulson" sarà, prevedibilmente,
trattato sulle pagine di Agents of
S.H.I.E.L.D., una sorta di epilogo di questa saga. Il suo smascheramento è
un chiaro omaggio all'epica puntata della serie televisiva in cui Skye incide
sul muro il messaggio "Ward is Hydra"
a beneficio dei colleghi ignari.
Nel prossimo
episodio, una storia speciale che omaggerà le atmosfere dei romanzi e film di
007.
Carlo & Mickey
[1]
Ricapitolazione rapida
di eventi narrati nell’ultimo episodio e su Capitan America #106 e Agents of
S.H.I.E.L.D. #007.
[2] Steve Rogers, il Capitan
America originale e leader attuale dei Vendicatori Segreti.
[3] Life Model Decoy,
androidi sofisticatissimi pressoché indistinguibili dai veri esseri umani.
[4]
Come visto su Agents of S.H.I.E.L.D. #007.
[5] Come visto su Daredevil
Vol. 1° #120/123 (prima edizione italiana: L’Uomo Ragno, Corno, #166/169).
[6] Vergogna a voi se non
sapete chi sono gli ultimi due. -_^
[7] Il più
noto promotore di droghe psichedeliche negli anni Settanta del Novecento.
[8] Federalnaya Sluzhba Bezopasnosti,
ovvero: Servizio di Sicurezza Federale.
[9] Non diteci che non avete
letto Capitan America #105, ferireste il nostro amor proprio. -_^.